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Cosa ho imparato dalla pioggia irlandese

Si può imparare molto da un temporale. Io cosa ho imparato dalla pioggia irlandese? Che in fondo la vita va presa così. E che le intemperie sono sempre dietro l’angolo. Ma ho imparato anche a ridere, molto, proprio quando mi sembra che tutto pesi più del dovuto.

Domenica mattina

È sonnacchiosa Sligo di domenica mattina. Il mio arrivo non è stato dei migliori: treno cancellato da Dublino e tre ore di viaggio su una ferrovia monorotaia lenta, lentissima. La conferma che le ferrovie del posto non brillano per modernità: per questo non le avevo mai prese. Ma non è niente tutto questo di fronte all’esperienza di una pioggia irlandese che si trasfigura ai miei occhi. Facendomi capire per l’ennesima volta perché mi ostino a tornare in Irlanda.

La pazienza che ci vuole

Ci vuole pazienza ad adattarsi a questo tempo dopo la Pandemia. I desideri che abbiamo nei confronti dei viaggi finora non fatti non si incontrano con i tempi dell’oggi, con i tagli del personale dei trasporti, con gli scioperi negli aeroporti. Siamo sospesi tra il desiderio del prima e la realtà dell’oggi. Eppure qui, in questo punto dell’Irlanda che non avevo mai toccato prima, faccio esperienza di come bisogna prenderla la vita ora. E questo Paese mi concede ancora la possibilità di imparare e capire.

Un autobus di corsa in mezzo al nulla

Non guido e quindi mi affido ai mezzi pubblici. Google Maps mi dice che per andare da Sligo a Rosses Point ci vogliono 20 minuti. Ho la mia Leap card, la tessera dei trasporti che vale su tutta la rete nazionale. Il bus arriva con largo anticipo e l’autista oltre a non avere voglia non è abituato evidentemente ad avere a che fare con i turisti. Fa finta di non capire la mia pronuncia quando gli dico che voglio andare a vedere il Waiting on the shore monument. Glielo faccio vedere sul cellulare e salto a bordo. Salto, letteralmente, perché lui è in a hurry. Chissà per cosa.

Una terra di migtanti

Rosses Point mi accoglie con la minaccia della pioggia ma è bellissima lo stesso. Un faro all’orizzonte, un punto di Irlanda che congiunge chi resta e chi è partito. Terra di migranti, consapevole e orgogliosa, terra che si ama ed è amata forse proprio per questo. Però a un certo punto inizia a piovere.

Andare avanti

Quando viaggio ho un concetto stoico dell’esplorazione dei posti. Non mi concedo sconti: se vado vado e non mi fermo. So che la pioggia in Irlanda è uno scroscio e che poi si apre il cielo e torna il sole. Ma questa volta no, non è così. Resto alla fermata del bus il tempo sufficiente per inzupparmi i calzoni. E per capire che le scarpe tanto decantate non sono waterproof. Questo tempo va sfidato camminando. Bisogna scendere e avvicinarsi alla città, nonostante siano circa 7 chilometri. Google maps dice un’ora. Ce la posso fare.

Noi italiani la pioggia, anche in questi anni di siccità non la amiamo come fenomeno naturale da guardare in faccia. Causa rallentamenti del traffico, macchine che schizzano l’acqua e ti lavano dalla testa ai piedi. Dalla pioggia vanno protetti i bambini per non farli raffreddare. Ma la pioggia irlandese, quando non hai altro che l’acqua che cade attorno a te è molto molto altro.

La nostra idea della pioggia

La prendo bene. Inizio a cantare. Guardo dritta davanti a me aggiustandomi ripetutamente il cappuccio del Goretex. A un certo punto incrocio l’host della stanza che ho preso in affitto. E’ un giovane virgulto che avrà più o meno 25 anni. Faccia da bravo ragazzo irlandese che quando ha saputo che venivo da Torino ha detto due cose: “ho molti amici e conosco the shrod (il lenzuolo)”. “The Holy Shrod (la Sacra Sindone)” ho aggiunto io. Gli Irlandesi sono così, i fondamentali del cattolicesimo romano continuano a trasmetterli alle nuove generazioni.

Tra l’Atlantico e il Sahara

Ma torniamo all’incontro nella discesa di Rosses Point. Lui è in tenuta da runner. Mi saluta, sorride e fa il pollice su. Ricambio il saluto. Ognuno di noi prosegue poi il suo cammino. Dopo una ventina di minuti ci reincrociamo mentre scende anche lui. E qui succede quello che mi fa capire il senso della pioggia. In piena esaltazione da eccesso di serotonica pronuncia urlando queste parole: “È bello vero? Questa aria sana fa bene, fa benissimoooo. Noi qui abbiamo l’Atlantico, altro che il vostro clima da Saharaaaaa”. Gli dico sì che è vero. Mi saluta perché è bagnato fradicio. E quando se ne va scoppio a ridere.

Attraversare la vita

In quel momento, infatti ho capito come bisogna prenderlo questo nuovo tempo che stiamo vivendo. Bisogna prenderlo come una pioggia che di domenica mattina non accenna a finire. Bisogna prenderlo attraversandola con i vestiti che si hanno, anche se non è un equipaggiamento perfetto. Sarà la pioggia irlandese a mandare via tutte le pesantezze di cui sono carica dopo un anno difficile. Sarà la pioggia a farmi dire: “Massì”. E a farmi attraversare la vita con gli stessi mezzi, che pochi o molti, difficili da asciugare o meno, non sono altro che i miei.

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