Intervista a John Brewer, professore alla Queen’s University, una delle massime autorità sul tema della riconciliazione e della pace nel mondo.
Esisterà mai un’Irlanda unita? È una domanda che sentiamo fare da più parti, soprattutto negli ultimi tempi. L’avevamo rivolta nel febbraio 2019 a John Brewer, professore alla Queen’s University. Brewer è una delle massime autorità sul tema della riconciliazione e della pace nel mondo.
La sua analisi è lucida. Il miglior antidoto al lasciarsi trasportare dalla corrente degli slogan. “Per i Repubblicani di ambo le parti dell’isola – spiega – la riunificazione è parte dell’agenda politica. Anche per questo la Brexit è diventata per il Dup l’unico modo per difendere il loro essere unionisti. Ma non sono in una posizione di forza, sono in una posizione di debolezza perché difendono l’hard border contro i loro interessi. Contro gli interessi dei loro stessi elettori”. Che non vogliono che le sei contee corrano incontro a un disastro.
La contraddizione di Sinn Féin
Contraddittorio per Brewer è anche l’atteggiamento di Sinn Fein, che da una parte non si curerà politicamente di un possibile disastro economico, ma dall’altra non lo ammetterà. Per questo partito se la Brexit sarà un disastro potrà rimettere sul campo il tema della riunificazione: più sarà dura la Brexit, maggiori saranno le pressioni per una riunificazione attraverso il Referendum sul border (da qui border poll).
“Però non sarà così facile farlo come sembra. Il border poll dovrà essere proclamato dal segretario di stato che dovrà essere imparziale. Lo sarà? Karen Bradley, ad esempio, non lo è stata. Io credo che l’interesse di Sinn Fein sia quello di coinvolgere sui propri temi la maggior parte delle persone, ma potrebbe non tenere a bada il fermento della propria base e per questo dovrà accelerare.
Questo è il paradosso di Sinn Féin: parlano della prospettiva di riunificazione, ne generano l’aspettativa nella base. Ma non sono in grado di portarla avanti, anche perché il governo inglese cercherà di rimandarlo per avere una maggioranza ampia contro l’unificazione”.
Ritorno alla violenza?
“Nessuna delle due parti vuole la violenza al confine. I Repubblicani che hanno accettato il Peace Process non vogliono ritornare alla violenza, neanche i Loyalisti coinvolti nella violenza in passato vogliono tornare ad esserne coinvolti a seguito della Brexit. Ma i pericoli più grandi potrebbero venire proprio dai Loyalisti.
Ricordiamo che ci sono 154 morti legate al conflitto dopo la sigla dei Good friday agreement. La maggior parte sono legate ai loyalisti. Che dal trattato di pace non hanno mai consegnato le armi, come ha fatto l’Ira davanti ad osservatori internazionali. Il Border poll potrebbe generare dunque violenza soprattutto da questa parte. E una reazione di protezione ovviamente da parte dell’Ira, che non sarebbe possibile controllare.
I governi irlandese e britannico dovrebbero intervenire direttamente perché il no deal da solo potrebbe non generare la violenza, ma un Border poll sarebbe rischioso. Come si sentirebbe un membro dell’esercito irlandese al confine, ad esempio a Newry? Avrebbe paura? La soluzione è politica tra le due parti (con l’Unione Europea alle spalle della Repubblica di Irlanda)”.
Punti di forza e di debolezza del Peace process
“Quello che sembra un rischio però non è un rischio. Perché il Peace Process ha infatti condizionato la politica e l’economia. Ha inciso sull’economia perché ha decretato la fine della vecchia economia irlandese. Perché ha eliminato le differenze tra nord e sud dell’isola. Dal punto di vista politico ha segnato la fine delle trattative di confine, il segretariato irlandese e britannico, le relazioni bilaterali.
Il Peace process, però, è vulnerabile, costantemente sotto attacco della violenza, non solo di quella materiale. il dibattito è sempre ancorato al passato: chi ha ucciso di più, come è stato in passato. Questo non sviluppa il dibattito sul senso di come sarà condividere il futuro.
È un fragile e immaturo processo di pace, perché non ha sviluppato questo senso. E con la Brexit è stata ridisegnata in modo radicale la politica e, quindi, in questo non ha aiutato. Certo, tanti passi avanti sono stati fatti, al di là della retorica del difendere la propria bandiera, e penso che le persone non vogliano tornare indietro. Credo fermamente che la Gran Bretagna e la Repubblica di Irlanda arriveranno a fare un accordo”.
Il cuore del paradosso
E qui arriviamo al cuore del paradosso degli Unionisti: “Dup non ha mai supportato il Good Friday agreement. Ma questa è l’unica difesa contro la riunificazione, perché lo stesso GFA detta le condizioni di come dovrà essere realizzato il border poll.
L’ironia della sorte è che quando la Brexit si concretizzerà, in qualsiasi modo potrà accadere, Dup e Sinn Féin si rimetteranno d’accordo di corsa per riaprire Stormont, e il paradosso è che il Dup riconoscerà negli accordi di pace, che mai ha accettato, la capacità di limitare la riunificazione attraverso il border poll“.