Sinead O’Connor ha vissuto la storia della sua terra, tra desiderio di modernità, ancoraggio alla tradizione e un vissuto personale che ha segnato la sua vita. Ha anticipato i tempi, anche nelle sue uscite fuori dalle righe. Ha cercato Dio, a modo suo, fino alla fine.
Quella foto strappata, tra ribellione e tempi precorsi
1992. Sinead O’Connor strappa la foto del Papa durante una performance al Saturday Night Live, urla il suo fight the real enemy (combatti il vero nemico) e sconvolge il mondo, l’America prima di tutto. Ci vorranno ben undici anni perché esploda lo scandalo della pedofilia, la cui immensa gravità verrà ufficialmente impressa nei Rapporti Ryan e Murphy. L’Irlanda di allora era ancora un mondo impenetrabile, fatto di non detti, di cose risapute, ma che era difficilissimo anche sussurrare, lontana anni luce da quella verità che rende liberi, Vangelo di Giovanni. Tanto si parlò allora, tanto si parla ora di quel gesto, oggi che Sinead non c’é più. Lei anni dopo in un’intervista disse che suo intento era di parlare dei sopravvissuti più che delle vittime, e che si sarebbe dovuto investire a livello governativo su di loro.
La saggezza, nei lampi di lucidità
Diceva cose sagge nei suoi lampi di lucidità questa voce di Irlanda che aveva cominciato parlando piano nelle prime interviste, quasi in contrasto con la sua voce che aveva sussulti urlati. Negli alti e bassi delle sue altalene di vita non ha mai tradito la sua storia di origine, la terra da cui veniva, le ferite che si portava dietro. E il suo tempo.
Senza dimenticare le origini
A vent’anni incide con due membri degli U2, una canzone dal titolo Heroine, poi deve andare a Londra per scrivere e produrre da sola The Lion and the Cobra. Destino strano, quello di Sinead, musicista completa che fa il successo mondiale con una canzone di un altro, Nothing compares to you, scritta da Prince. A proposito di origini, nel 2002 incide Sean-Nòs Nua con le canzoni d’amore della tradizione irlandese.
Le collaborazioni
Sono tante le collaborazioni con le celebrità della sua isola, da Van Morrison, a Shane Mac Gowan a Imelda May. Fino a una apparizione in una esibizione di Belfast Child dei Simple Minds. E’apparsa tante, tantissime volte al Late Late Show su Rte anche negli ultimi anni e durante la Pandemia, quando viveva nella sua villa di Bray e in molti la potevano vedere mentre sostava da sola fuori dalla casa in cui aveva scelto di stare, sul mare. L’hanno cantata in questi giorni gli irlandesi per strada e hanno ricordato la sua militanza, così anticipatrice di alcune delle battaglie che sono venute dopo quell’urlo del 1992 e che hanno fatto dell’Irlanda una terra liberale, come l’aborto e il matrimonio egualitario.
In ricerca di Dio
Si può essere d’accordo sul fatto che quel gesto del 1992 fosse sbagliato nei modi e soprattutto nei tempi. Nello stesso modo non si può negare che Sinead abbia navigato alla ricerca di Dio in qualsiasi modo lo abbia visto, interpretato e scelto, anche nelle discutibilissime vesti della setta che la ordinò prete. La ricerca di Dio era di certo per lei una risposta all’orrore, prima di tutto quello vissuto in prima persona a causa degli abusi familiari, che la segnarono con un profondissimo disagio mentale che travolse anche uno dei suoi figli portandolo a togliersi la vita.
Quella salvezza cercata fino all’ultimo
Il canto è stato la sua forma di salvezza, ma non le ha consentito di evitare il baratro. Dicono che aveva dei progetti, nell’ultimo video ha ritratto la piccola casa in cui era andata a vivere da sola a Londra con una chitarra appesa al muro e pochi strumenti per la registrazione. Dieci anni fa dedicò a Papa Francesco la sua personale versione di The Times They are a Changin’ di Bob Dylan sempre al Late Late Show e quasi la urlò con una mano alzata al cielo. A chiedere di crederci ai tempi che possono cambiare.Di farlo almeno noi, che l’abbiamo tanto amata.